Con le piogge di maggio la carestia è finita, ma le sue nefande conseguenze si fanno ancora sentire e continueranno di certo per un bel po’ di tempo.
Al momento la maturazione del mais sta aiutando molti a nutrirsi e a riuscire così a “tirare avanti”.
Purtroppo gli spazi limitati delle loro proprietà consentono una produzione molto scarsa di mais per il fabisogno alimentare. Non si riesce certo a sostituire la rendita che derivava dall’allevamento degli animali. Quelli che ora sono deceduti per la lunga siccità che si è conclusa di recente.
I controlli del mese scorso, condotti durante le visite domiciliari fatte dall’assistente sociale e dall’infermiere per conto di Cipad, lo confermano.
Delle n. 32 famiglie incontrate, tutte sono in buone condizioni e si mantengono stazionarie grazie proprio al contributo del mais che hanno piantato nel piccolo terreno della loro casa.
Trovano un po’ più di difficoltà e fanno fatica “tirare avanti” quelle poche famiglie che vivono in affitto su di un appezzamento che appartiene ad altri; questo rende impossibile per loro seminare il mais.
Sono stati visitati n. 91 minori; di questi 75 hanno ricevuto il periodico semestrale controllo sanitario. Tutti risultavano in buona salute e ben vestiti. Hanno ricevuto da Cipad le uniformi scolastiche e la cancelleria scolastica di routine
Anche le regolari visite agli anziani del Progetto-Sololo, condotte dall’assistente sociale di Cipad, hanno mostrato una “realtà di vita accettabile”, seppur sempre in un contesto di povertà estrema.
Quella degli anziani soli nell’area di Sololo è una situazione veramente difficile.
Per comprenderla, occorre molto intuito; consiglio di rivedere quanto già raccontato più volte.
Il pensiero di pino.
Al termine di una vita condotta in condizioni durissime gli anziani sono divenute persone estremamente fragili. Portano i segni della lotta quotidiana affrontata per decenni in contesti di vita dalle condizioni disumane. Loro ce l’hanno fatta e non si aspettano medaglie e neppure chiedono molto, avendo imparato ad accontentarsi anche di niente. I nostri nonnini di oggi sono dei sopravvissuti. Già, solo per questo meritano il massimo rispetto. Gli si allunga la vita con il solo prestargli attenzione e donargli un po’ di affetto.
Le loro storie vanno ascoltate e raccontate poiché formano una preziosissima e irripetibile biblioteca vivente. Una scuola di valori e di vita, consultabile da tutti, che può “umanizzare il futuro” di tutti.
Se riflettessimo su quanti pochi siano gli anziani, rispetto al numero dei bambini che incontriamo a Sololo, ci renderemmo subito conto che quella differenza di numero sono le vite umane che questa popolazione quotidianamente continua a pagare in silenzio, come fosse il prezzo dovuto per accettare la povertà che è loro imposta dagli eventi naturali e … da altro e altri.
Fuori dall’area di Sololo ci sono poche voci che li possano testimoniare ed ancor meno orecchie disposte ad ascoltare…
Siamo: o tutti in corsa per stare sempre meglio o, anche desiderando aiutare e volendolo fare, si è impossibilitati a farlo poiché impegnati a sostenere le proprie famiglie, certo prioritarie.
E’ come se tutti fossimo “costretti a dimenticare” chi si trova ai minimi vitali e in povertà estrema …
Questo atteggiamento di disponibilità all’aiuto così detto “aiuto umanitario”, non è “buonismo” o “pietismo”; è semplice e puro “buon senso”; quello che dovrebbe avere anche chi è incapace di provare sentimenti ed egoisticamente vuole vivere al meglio per sè.
I nonnini europei e africani sono molto simili, anche se resi diversi dal contesto disuguale dove sono vissuti.
Il fisico di entrambi ha gli stessi “acciacchi” più o meno accentuati dall’età (artrosi, riduzione vista e udito, patologie croniche …) La differenza la fa l’essere vissuti in due mondi molto diversi tra loro. Entrambi ricchi di valori ma anche di difetti, che forse in entrambi non sono gli stessi e che non vengono vissuti da tutti nello stesso modo.
Per esempio.
Quando interroghi un anziano di Sololo come puoi raccontare poi la sua saggezza?! Quella che lui ripone nella risposta, se tu per il primo non la sai riconoscere!? Chi non ha rispetto, non solo verso la propria storia ma in specie verso quella altrui, con le relative tradizioni, non è in grado di “vedere” anche se ha gli occhi per farlo.
L’anziano di Sololo, rispondendo ad un quesito, ti rispetterà sempre qualsiasi sia il tuo pensiero; ma ancor più rispetterà la tua libertà di scelta e quindi non ti darà mai una risposta categorica fatta da un “si” o da un “no”, oppure accompagnata da un giudizio quasi impositivo. Ti racconterà una storia, quasi una fiaba, una sorta di parabola e lì dentro stai certo che, immersa e sostenuta da valori universali, c’è la risposta che ti occorre e che solo tu devi saperti trovare da solo. E’ difficile da spiegare per la nostra cultura europea. Per comprendere occorre tanta empatia priva di pregiudizi. Tuttavia, se ci si riesce ci si trova poi trasformati da inconsapevoli “vandali culturali” a silenziosi e umili “ascoltatori”.
Tutti abbiamo bisogno di tutti. Non capirlo significa autocondannarsi a restare ciò che si è, e a me questo non basterebbe.
Pertanto “silenziosamente” ringrazio tutti cercando di testimoniare la mia esperienza che mi ha aiutato a trovare a Sololo tanto di talmente bello quanto d’inenarrabile.
Vorrei che nessuno, ovunque incontri qualcuno, non perdesse la possibilità di scoprire ciò che si nasconde negli altri sconosciuti e apparentemente diversi; proprio ciò che incute quella “paura” iniziale, che deve essere superata … se si vuole crescere.
Continuerò a raccontare