La guerra in Tigray è scoppiata nel novembre 2020 ma si inserisce in lotte di potere tra il governo del presidente Abiy Ahmed Ali e il Tigray people’s liberation front (Tplf).
Quest’ultimo nel 2019 non ha accettato di entrare a far parte del Partito della Prosperità voluto dal presidente, che riuniva la gran parte delle 80 etnie del paese. Per il Tplf parteciparvi significava perdita di potere e di rappresentanza della minoranza tigrina, da qui la decisione. Quando nel 2020 il presidente ha annullato le elezioni nazionali con la motivazione delle restrizioni del Covid-19, il Tplf ha organizzato autonomamente un voto nel Tigray e questo ha fatto precipitare i rapporti con Addis Abeba.
Dopo alcune scaramucce il 4 novembre 2020 aerei da combattimento dell’esercito etiope hanno bombardato il Tigray, mentre le truppe sono avanzate nella regione. Ci sono stati violenti scontri e nei giorni successivi le forze del Tplf hanno lanciato razzi contro alcune postazioni della vicina regione Amhara, le cui forze stanno combattendo al fianco dell’esercito centrale, e contro Asmara, la capitale dell’Eritrea, accusata di stare aiutando militarmente l’esercito etiope. Intanto l’esercito di Abiy Ahmed Ali, premio Nobel per la pace nel 2019, ha proseguito la sua offensiva, con la situazione nella regione che è diventata disperata anche da un punto di vista umanitario.
In 16 mesi di conflitto la guerra e i suoi effetti più o meno diretti hanno causato circa 500mila morti, 5 milioni di persone oggi soffrono la fame e altri milioni sono sfollati. L’Etiopia è stata accusata di genocidio nel Tigray mentre diverse organizzazioni non governative hanno raccolto prove di crimini di guerra, tra cui stupri e altri massacri, commessi dai soldati di Addis Abeba.
Il 24 marzo il presidente Abiy Ahmed Ali ha annunciato una tregua unilaterale immediata, per permettere l’arrivo degli aiuti umanitari nel territorio del conflitto. La tregua è stata accolta nel giro di poche ore dal Tigray people’s liberation, riportando almeno per il momento la pace in una regione martoriata da 16 mesi.
“Sololo, localizzato sul confine etiope, ha accolto i profughi che arrivavano disperati ad ingrossare le file dei più poveri tra i poveri che vivono in quell’area”